Che Giustizia e Pace scorrano

Predicazione – Festa del creato, Amos 5, 21-24
di Fabio Traversari, pastore della Chiesa valdese e metodista di Venezia e Diaspora

Cari fratelli, care sorelle,

l’estate è finita, ma vi riporto – almeno col pensiero – un attimo ancora in montagna. Immaginatevi un torrente che scorre fra le montagne. L’acqua è gelida, da lontano il suo colore sembra smeraldo, quando ti avvicini di più puoi vedere che l’acqua è assolutamente chiara. Il torrente si fa strada fra le rocce della montagna. L’acqua zampilla, spumeggia, gorgoglia. Sembra un essere vivente, questo torrente, piena di forza vitale.

A guardalo – in un primo momento – ti sembra che le montagne l’ingabbino, ma questa è l’impressione solo del primo momento. Guardando il paesaggio ti rendi conto che non la montagna da forma al ruscello, ma il contrario. Si, cari fratelli e care sorelle, il ruscello sposta la montagna. Cerca la sua strada. Questo piccolo ruscello (zampillante e gorgogliante) ha una sua propria forza. Pieno di vita e limpido si fa strada tra i monti finché non diventa un vero e proprio fiume che corre tra i campi e le città verso il mare. 

Come un torrente, un ruscello così ci presenta il profeta Amos la giustizia.

Vi leggo i versetti da cui è preso il motto della giornata ecumenica del creato di questo anno: Amos 5, 21-24

Io detesto, respingo le vostre feste/e non gradisco le vostre riunioni;

anche se voi mi offrite olocausti,/ io non gradisco i vostri doni

e le vittime grasse come pacificazione/ io non le guardo.

Lontano da me il frastuono dei tuoi canti: / il suono delle tue arpe non posso sentirlo!

Piuttosto scorra come acqua il diritto/e la giustizia come un torrente perenne.

Il profeta denuncia con queste parole l’ingiustizia del suo tempo. Parole molto forti che mostrano lo sdegno di Dio nei confronti delle azioni degli uomini.

E per rimanere nell’immagine della giustizia come torrente:

  • il diritto non scorre come l’acqua
  • No non c’è giustizia nel suo tempo, le acque chiare della giustizia sono inquinate e trasformate in assenzio, in veleno. (così leggiamo qualche versetto prima e dopo il nostro testo.)

l’ingiustizia è così grande ormai che Dio rifiuta le preghiere del suo popolo, il culto, le offerte e i canti.  La fede e la religione erano infatti diventate solo una faccenda di feste sontuose, sacrifici e nulla più: liturgie vuote di contenuto e di fede diremmo noi oggi.

Ma c’è anche un motivo, che riguarda ciò che accadeva al di fuori del culto, per cui Dio rifiuta l’adorazione del suo popolo:

  • Ai piccoli agricoltori del suo tempo era imposto un tributo esorbitante per l’usufrutto della terra e i facoltosi possidenti pretendevano una quota eccessiva del raccolto, che non avevano.
  • I tribunali non praticavano il diritto e la giustizia: i giudici accettavano tangenti, cosa che favoriva i ricchi e i potenti. Al povero che non poteva permettersi di pagare per orientare la decisione in suo favore, non era nemmeno concesso udienza. Se si fossero recati in tribunale per far valere il loro diritto sarebbero stati allontanati.

All’epoca di Amos i poveri e gli indifesi sono oppressi da un sistema economico iniquo e quando provano a far sentire la loro voce, anche in tribunale, non ottengono giustizia.

Care sorelle e cari fratelli,

facciamo ora un salto nel nostro presente. Perché questo versetto di Amos, questa sua denuncia, ci è data per riflettere oggi sul creato e la nostra responsabilità nella sua custodia.

Le denunce del profeta risultano più che attuali. È cambiato poco. i poveri e gli indifesi sono oppressi da un sistema economico iniquo e quando provano a far sentire la loro voce, non ottengono giustizia.

Questo vale anche per quei meccanismi economici e politici in questo mondo che favoriscono l’aumento delle problematiche collegate al riscaldamento globale e l’inquinamento del nostro mondo, creato da Dio.

Al solito quando parliamo del tema “del creato” pensiamo come prima cosa alla tutela dell’ambiente: cosa possiamo fare noi, cosa posso fare IO personalmente, per ridurre le emissioni CO2, produrre meno plastica o sfruttare meno le risorse preziose del nostro pianeta.

Quando pensiamo invece alla “giustizia” ci vengono in mente prima altri temi della vita nella nostra società:

  • La separazione sempre crescente fra ricchi e poveri
  • Gli stipendi troppo bassi, sfruttamento al lavoro

MA

In realtà sono strettamente connesse tra loro. Quest’anno la denuncia di Amos contro l’ingiustizia come titolo per la festa del creato sottolinea questo collegamento delle due tematiche della salvaguardia del creato e della giustizia…

Mi spiego meglio.

I paesi ricchi consumano – mentre i paesi più poveri soffrono molto più degli effetti del riscaldamento globale. Chi soffre di più non è, chi è responsabile. La povertà, la fame in altri paesi è dovuta al cambiamento climatico causato soprattutto dagli stati benestanti.

Con l’inquinamento ambientale abbiamo anche inquinato le acque del torrente della giustizia.

Le acque del torrente della giustizia sono inquinate, avvelenate anche nei nostri tempi.

Noi con il nostro comportamento non siamo solo responsabili per il cambiamento climatica ma creiamo allo stesso momento anche una forte ingiustizia sociale.

Chi vuole salvare il creato deve allo stesso momento anche vincere l’ingiustizia! Chi vuole vincere l’ingiustizia deve impegnarsi per la salvaguardia del creato!

Chi inquina l’acqua della giustizia siamo noi…inquinare nel senso proprio letterale.

Allora ascoltiamo bene le parole del profeta che ci chiama a ritrovare giustizia e diritto.

Cosa intende lui, cosa intende la Bibbia per giustizia. La giustizia nella Bibbia ha il suo fondamento in Dio. Nei paesi dell’antico oriente è Dio il garante della giustizia, o meglio: lui è la giustizia stessa.

Nella tradizione occidentale, l’immagine che la parola “giustizia” evoca è invece quella di una donna bendata, che ha la sua origine nella mitologia classica, che regge davanti a sé una bilancia con due piatti.

Pertanto, quello di “giustizia” è un concetto spesso nel mondo occidentale statico, un sostantivo che indica il conseguimento dell’equità e dell’uguaglianza, simboleggiato dalla bilancia in stato di riposo, immobile. E questa immagine abbiamo spesso anche “trasferito” su Dio: come giudice con una bilancia in mano che pesa il bene e il male compiuto. Ma non è una immagine molto biblica.

Niente di più lontano dall’immagine di Amos e del pensiero biblico. Quella della giustizia è innanzitutto qui in Amos e nei profeti un’idea dinamica.

La giustizia è un torrente impetuoso. La giustizia non è una cosa statica, immobile. La giustizia è viva, ha una sua forza propria.

La giustizia non si ferma, ma trova la sua strada. Sì, la giustizia può come il ruscello spostare una montagna, è zampillante, spumeggiante, gorgoglia. 

Questa giustizia è quella di Dio. E da questa giustizia scaturisce, la nostra risposta che noi uomini diamo alla sua giustizia. Cioè, “le giustizie”, in ebraico si gioca tra la Giustizia al singolare, quella di Dio, quella alla quale noi metteremmo la G maiuscola e le giustizie, cioè la giustizia con la g minuscola, la nostra umana, una risposta a quella di Dio.

Un tentativo di vivere secondo la sua Parola. Stare dalla parte degli indifesi, (nei profeti sono questi gli orfani e le vedove), oggi sono altri gli indifesi: ad esempio gli sfollati in Libia che sono vittime di questi fenomeni metereologici estremi causati del cambiamento climatico, del riscaldamento globale. 

Insomma, vincere le ingiustizie in questo mondo, far scorrere il torrente del diritto e della giustizia!

La giustizia diventa concreta sempre solo in relazione ad un altro. Detto in altre parole: non sei mai giusto da solo. Giusto puoi essere solo nei confronti di qualcuno, in relazione a qualcuno. Ti dimostri giusto davanti al tuo prossimo, davanti a Dio o anche davanti alla creazione.

Anche da questo si vede che la giustizia non è mai una cosa statica, che qualcuno potrebbe possedere, ma per gli autori biblici la giustizia è una cosa viva, vitale, vivace. (Come, ma questo solo come una parentesi: anche il concetto di pace non è un concetto statico. La pace non è uno stato che bisogna ritrovare, ma la pace è un modo di vivere, di comportarsi, di relazionarsi, insomma: un movimento – con Dio come primo soggetto. Il profeta Isaia paragona la pace più volte con un fiume (Isaia 48,18,  Isaia 66,12) – da lì sarà anche entrato nel motto di quest’anno del tempo del creato: che la giustizia e la pace scorrano).

Care sorelle e cari fratelli, le parole di Amos sono forti, le sue accuse sono rivolte anche a noi. Che il nostro “parlare sulle buone pratiche del rispetto del creato” nelle nostre chiese non diventino quelle feste che critica il profeta.

Non dimentichiamo il nostro compito “fuori dal culto e dopo la festa del creato”: fare le cose giuste, prendere le scelte giuste. La nostra vita si svolge in relazione a Dio, agli uomini al creato: in tutte queste relazioni siamo chiamati a fare il giusto a far scorrere il diritto e a stabilire la giustizia come un fiume perenne.

E questa sarà la nostra risposta piccola, parziale, fallibile alla Giustizia di Dio.

Che questa Giustizia, quella di Dio, indipendentemente da noi, o attraverso di noi, scorra con le sue acque pure, con la sua forza irresistibile, con la sua chiarezza, lavi via tutto ciò che inquina questo mondo, anche in senso letterale.

Si, Dio faccia scorrere la sua Giustizia, e lo farà, l’ha promesso: Dio si ricorda della sua creazione. Egli mantiene e la custodisce ogni giorno questa terra, che egli ha creato. Amen

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